Lorem ipsum is simply dummy text here.
Christina Koch
Record di 328 giorni sulla ISS per l’astronauta Christina Koch

Christina Koch, alla sua prima missione nello spazio, sta per diventare l’astronauta donna con la più lunga permanenza nello spazio. La sua missione terminerà a febbraio 2020, dopo ben 328 giorni di permanenza. Christina ha così reagito alla notizia del prolungamento della missione assegnatela: “È fantastico, è davvero un sogno che si avvera, sapere che posso continuare a lavorare sul programma che ho apprezzato così tanto per tutta la mia vita. È fantastico poter continuare a contribuire e dare il massimo il più lungo possibile, è un vero onore e un sogno diventato realtà”.
Christina Koch si porrà subito dietro l’astronauta della NASA Scott Kelly, che rimase in orbita ben 340 giorni. La donna astronauta che fino ad oggi detiene il record di permanenza in orbita è Peggy Whitson, con all’attivo 288 giorni (dal 2017 al 2018). Nick Hague, altro astronauta NASA a bordo dell’ISS parla di Christina entusiasta: “Non potrei pensare a una persona migliore per trascorrere un anno sulla Stazione Spaziale”. Anche un altro astronauta della NASA, Andrew Morgan, trascorrerà circa nove mesi nella stazione, dal luglio 2019 alla prossima primavera.

Nella NASA Christina Koch ha un passato come ingegnere elettronico, ha lavorato alla realizzazione di strumenti scientifici impiegati in diverse missioni spaziali. Dal 2013 fa parte della crew degli astronauti.

Effetti sulla salute della lunga permanenza in orbita

La permanenza nello spazio della Koch dovrebbe essere abbastanza lunga perché la NASA possa raccogliere ulteriori dati sulle minacce dei voli di lunga durata sulla salute e le prestazioni degli astronauti. Un precedente studio esaustivo sull’astronauta Scott Kelly – come dicevamo rimasto in orbita per quasi un anno – e del suo gemello Mark, rimasto sulla Terra, sollevò alcune inquietanti preoccupazioni sul danno al DNA e sul declino cognitivo ai danni di Scott durante la lunga permanenza nello spazio. Gli scienziati della NASA sperano di comprendere meglio tali minacce e in che modo il corpo umano può adattarsi e rispondere alle sfide della microgravità. I ricercatori sperano anche di escogitare contromisure sugli effetti dell’assenza di gravità, in modo che gli astronauti che visiteranno altri mondi, come Marte ad esempio, si trovino in buona salute una volta raggiunta la superficie del pianeta rosso.

Un enorme fungo da 300 miliardi di dollari potrebbe sostituire la ISS

Una nuova stazione spaziale da 300 miliardi di dollari che dovrebbe sostituire la “vetusta” ISS, capace, ruotando in orbita quattro volte in un minuto, di creare gravità artificiale al suo interno, una vera manna dal cielo per gli astronauti costretti a lunghe soste nello spazio, con conseguenti deterioramenti delle ossa e dei muscoli.

“Crediamo che la gravità artificiale sia necessaria per sostenere i lunghi termini di permanenza degli astronauti nello spazio” ha dichiarato Bill Kemp, CEO della United Space Structures, l’azienda che si è proposta per costruire la nuova stazione orbitante. L’enorme fungo spaziale – che riprende appunto le sembianze di un fungo – dovrebbe essere lungo ben 400 metri di lunghezza (100 metri il diametro), costare circa 30 miliardi di dollari ed essere realizzato nell’arco di 30 anni.

Secondo i suoi progettisti, la gravità ricreata, simile a quella presente sulla Terra, si potrà realizzare facendo ruotare la stazione 4.22 volte al minuto attorno al suo asse verticale, creando una pressione verso il basso in grado di non far fluttuare oggetti e persone in essa ospitati. Oltre all’aspetto della gravità, la struttura sarebbe anche in grado di proteggere chi vive al suo interno dalle radiazioni e dall’impatto con detriti orbitali, le pareti della struttura, infatti, verrebbero rivestire in modo tale da filtrare raggi dannosi e assorbire urti con corpi spaziali.

Evacuazione di emergenza sulla Stazione Spaziale Internazionale. Forse una perdita di ammonica

Secondo l’Agenzia spaziale russa ROSCOSMOS, “sostanze pericolose” sono stati scaricate in alcune aree della ISS da uno split d’aria condizionata. In seguito al problema, i sei membri dell’equipaggio a bordo della ISS (compresa l’italiana Samantha Cristoforetti)  sono stati costretti a rifugiarsi nell’area russa della stazione spaziale. Secondo ROSCOSMOS, una “fuga di sostanze pericolose da un’unità di condizionamento” è stata scaricata nella stazione alle ore 8.45 am GMT; secondo la NASA potrebbe anche solo trattarsi di un sensore difettoso e l’equipaggio potrebbe rientrare nei locali già questa sera o domani mattina.
In ogni caso la sezione è stata isolata per impedire qualsiasi fuoriuscita d’ammoniaca – potrebbe essere questa la sostanza nociva rilascia nell’atmosfera – che avrebbe potuto contaminare il resto della stazione. L’ammoniaca sulla ISS viene utilizzata per raffreddare i radiatori di grandi dimensioni presenti all’esterno della stazione. Anche se estremamente utile come liquido di raffreddamento, l’ammoniaca è anche nociva se viene respirata. Una perdita di questo tipo, quindi, potrebbe rappresentare un serio problema per gli astronauti a bordo. In un tweet l’Agenzia spaziale statunitense ha spiegato: “i controllori di volo dell’ISS non sono sicuri se l’allarme è stato innescato da un picco di pressione, un sensore difettoso o un problema verificatosi all’interno dei circuiti di un computer”. In un tweet la Cristoforetti ha rassicurato tutti: “Grazie, stiamo bene qui nel segmento russo e siamo al sicuro”.

NASA. Ecco il primo elemento stampato in 3D nello Spazio

La NASA fa sapere che la stampante 3D installata sulla Stazione Spaziale Internazionale ha portato a termine quello che può considerarsi il primo esemplare di oggetto stampato in tre dimensioni nello spazio. Il processo di stampa è stato portato a termine con successo, l’obiettivo è quello dare modo agli astronauti in orbita di realizzare da soli i pezzi di ricambio. Nella foto allegata, l’astronauta Butch Wilmore ispeziona il pezzo stampato dopo aver calibrato e installato la stampante lo scorso 17 novembre. La stampante è direttamente comandata da personale a terra. Niki Werkheiser, responsabile del progetto, ha dichiarato: “Questa prima stampa apre la strada a grandi progetti che permetteranno in un futuro prossimo di stampare direttamente nello Spazio oggetti che invece sarebbero dovuti essere necessariamente prodotti e spediti dalla Terra. La stazione spaziale è al momento l’unico laboratorio dove possiamo testare appieno questa tecnologia”. Werkheiser continua: “Questa è la prima volta che abbiamo mai utilizzato una stampante 3D nello spazio, stiamo imparando, anche da quelle che potrebbero sembrare operazioni banali; più pezzi stampiamo maggiormente saremo in grado di imparare se alcuni degli effetti che stiamo verificando sono causati dalla microgravità o fanno parte del normale processo di ottimizzazione per la stampa. Confrontando i pezzi stampanti con gli omologhi stampati a Terra saremo in grado di appurare queste e altre informazioni”.

Il caffè espresso arriva sulla ISS

Insieme all’astronauta Samantha Cristoferetti (prima donna italiana negli equipaggi dell’Agenzia Spaziale Europea e prima donna italiana nello spazio) sulla Stazione Spaziale Internazionale arriva anche un altro pezzo con parte di cuore tutto italiano: una macchina per caffè espresso speciale, il primo dispositivo di questo genere progettato per lavorare a gravità zero e denominato ISSpresso. Ad opera del team Lavazza e della società di ingegneria aerospaziale Argotec, la macchina è in grado di sopportare oltre 400 bar di pressione e pesa ben 44 chili. Oltre al caffè, ISSpresso può essere adoperata per fare tè, brodo e altri infusi. Argotec fa sapere che lavora al prototipo dal 2012 contribuendo non solo a soddisfare il palato degli astronauti ma anche a meglio capire alcuni concetti di fluidodinamica e implicazioni della microgravità.

Boeing annuncia prossime navicelle per passeggeri spaziali

Nell’ambito di un contratto con la NASA di diciotto milioni di dollari, la Boeing sta costruendo una sorta di capsula spaziale, denominata Crew Space Transportation (CST), in grado di ospitare fino a sette membri di equipaggio. Il progetto prevede il riutilizzo di componenti già in produzione per lo Shuttle e altre apparecchiature spaziali, così da ridurre i costi di produzione e, ovviamente, di riparazione dei velivoli danneggiati. La navicella è più grande di una capsula del programma Apollo, ma più piccola dell’Orione. Può essere lanciata da una varietà di razzi, tra cui Atlas e Falcon. La nuova imbarcazione potrebbe essere utilizzata per traghettare passeggeri o merci da e verso la stazione internazionale (ISS).