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Uomo sulla luna
Uomo sulla luna. NASA pronta per il 2024

Nella giornata di ieri, Mike Pence, vicepresidente degli Stati Uniti sotto l’amministrazione Trump, ha sfidato la NASA a riportare l’uomo sulla luna entro il 2024 (gli americani misero piedi sul nostro satellite naturale per la prima volta il 20 luglio 1969), accelerando rispetto la precedente dead line che si era imposta la NASA, il 2028. “Ciò di cui abbiamo bisogno ora è l’urgenza”, ha dichiarato Pence durante il suo discorso tenutosi presso lo Space & Rocket Center americano di Huntsville, in Alabama. “È la politica dichiarata da questa amministrazione e degli Stati Uniti d’America, riportare gli astronauti americani sulla luna entro i prossimi cinque anni”. L’amministratore della NASA, Jim Bridenstine, ha risposto alla richiesta in modo positivo: “La NASA farà tutto quanto è in suo potere per rispettare questa scadenza”.

Nelle parole di Pence una certa preoccupazione per il terreno perso nell’esplorazione spaziale a favore dei cinesi e dei russi. A proposito della Cina, Pence ha citato il recente sbarco della Cina sul lato più lontano della luna: “ha rivelato la loro ambizione di conquistare l’altopiano lunare strategico” così come ha menzionato la dipendenza dai missili russi per mandare in orbita gli astronauti americani nell’ultimo decennio, ponendosi l’obbiettivo di cambiare lo stato delle cose con il varo di una nuova navicella spaziale progettata da SpaceX, Boeing e dalla stessa NASA: “La prima donna e il prossimo uomo sulla luna saranno entrambi astronauti americani, lanciati da razzi americani dal suolo americano”.

Tritone
Tritone. La NASA vuole cercare acqua e vita sulla luna di Nettuno

La NASA ha proposto una nuova missione a basso costo su Tritone, la luna più grande di Nettuno, nonché l’oggetto celeste più imponente del Sistema solare e pianeta sul quale si ritiene risiedano i mattoni della vita. Il fine è quello di scoprire se potrebbe ospitare acqua e, forse, anche la vita. Il piano, proposto dal Jet Propulsion Laboratory (JPL) dell’agenzia spaziale, è quello di inviare un veicolo spaziale chiamato Trident, dotato di apparecchiature di ripresa fotografica all’avanguardia per catturare nuove immagini del satellite ghiacciato ma che, grazie all’interazione con l’ammoniaca, potrebbe ospitare fonti d’acqua. Louise Prockter, direttrice del Lunar and Planetary Institute di Houston e principale responsabile della missione ha dichiarato: “Indagheremo se si tratta di un mondo abitabile, scoprirlo è di enorme importanza”.

Nel 1989, i dati restituiti dalla sonda Voyager 2 suggerirono la presenza di oceani sulla luna di Nettuno, lasciando intendere che potrebbe essere geologicamente attivo e capace di ospitare la vita, ciononostante la luna si trovi a una enorme distanza dal Sole.
Karl Mitchell, scienziato impegnato nel progetto, sostiene che per riuscire a rivedere quanto già fotografato alla sonda Voyager nel 1989, è necessario intervenire prima del 2040, la sonda Trident intercettando la luna dopo questa data non potrebbe carpire nulla, Tritone, infatti, a causa dei moti celesti, si troverebbe completamente oscurata dalla luce del sole, restando così per ulteriori 80 anni. Triton sarà una missione a “basso costo”, e farà parte del programma più grande Discovery, programma per il quale la Nasa intende investire non più di 500 milioni di dollari.

NASA scopre la galassia più brillante finora conosciuta

Possiede 300 trilioni di soli la galassia scoperta dal telescopio Wide-field Infrared Survey Explorer (WISE) della NASA, si tratta della galassia più luminosa conosciuta fino ad oggi. Il nome ufficiale della galassia è WISE J224607.57-052635.0. I ricercatori ritengono che la sua luminosità prenda vita da un enorme buco nero supermassiccio al centro della galassia. Questo, in sé, non è raro, ma questo buco nero specifico è incredibilmente grande e remoto e capace di risucchiare gas e materia, riscaldando la materia circostante a milioni di gradi, dando vita a raggi x, ultravioletti e luce visibile.

La ricerca indica che tale buco nero, quando l’universo aveva solo pochi anni di vita, era miliardi di volte più grande del nostro sole. Il telescopio WISE, grazie al quale è stato possibile individuare la galassia, è stato lanciato dalla NASA il 14 dicembre 2009 nell’ambito del Programma Explorer.

FINDER, il radar della NASA che rileva i battiti cardiaci delle persone sepolte

Si chiama FINDER, è un prototipo di radar della NASA che è stato impiegato con successo per salvare la vita a quattro persone intrappolate tra le macerie del recente terremoto avvenuto in Nepal. FINDER riesce a scovare le persone utilizzando un radar a microonde in grado di percepire i battiti cardiaci delle persone sepolte. Il radar può rilevare un battito cardiaco attraverso 10 metri di detriti, 6 metri di cemento o 30 metri senza ostacoli; il radar è anche capace di distinguere il battito umano da quello di un animale. Link per approfondimenti

suoni alieni
Suoni alieni captati 22 miglia sopra la Terra? Ascoltali anche tu…

Speciali microfoni a infrarosso, mondati su mongolfiere ad elio, hanno capitato sibili e fischi – con frequenze inferiori a 20 hertz e non udibili dagli esseri umani – che hanno destato l’attenzione degli scienziati americani e che ha convinto gli stessi ad approfondire la questione programmando un’ulteriore missione dello stesso tipo. Sebbene non percettibili dall’orecchio umano, si pensa che gli infrasuoni possano comunque essere  causa di ansia, tristezza, brividi e impercettibili spostamenti d’aria.

I sibili captati a 36km circa sopra la superficie della Terra sono stati catturati da Daniel Bowman, studente presso la University of North Carolina a Chapel Hill. In un’intervista a LiveScience, Bowman spiega che gli infrasuoni catturati possono essere classificati con degli X-Files e che “negli ultimi cinquant’anni non sono mai state compiute registrazioni acustiche nella stratosfera, sicuramente, se mettiamo strumenti lassù, troveremo qualcosa che non abbiamo visto prima”.

Una caratteristica importante degli infrasuoni è che questi riescono a viaggiare per lunghe distanze, aggirando gli ostacoli con poca dissipazione; sono generalmente causati da tempeste, terremoti, tuoni, vento o altri fenomeni naturali, in questo caso però in molti si chiedono da cosa sono stati creati, per alcuni possono essere stati generati dai movimenti del cavo agganciato al palloncino aerostatico, da un parco eolico che si trovava sotto la traiettoria del palloncino, dalla turbolenza del vento… per i più avvezzi alla fantascienza si tratta invece di suoni alieni.

suoni alieni
I rumori captati dall’esperimento sono stati condivisi sulla pagina Soundcloud di ESA.

Il palloncino aerostatico utilizzato negli esperimenti, fatto volare per nove ore sopra il New Mexico e Arizona il 9 agosto 2014, ha percorso circa 725 km raggiungendo la quota massima di 37.500 metri; è la prima volta che uno studio degli infrasuoni è stato compiuto a queste altezze.

I rumori captati dall’esperimento sono stati condivisi sulla pagina Soundcloud di ESA.

Ricercatori NASA mettono a punto aereo elettrico a decollo verticale

Gli scienziati del NASA Langley Research Center hanno progettato e realizzato un interessante velivolo elettrico dotato di ben dieci motori. Nella sezione di coda posteriore del velivolo sono posti due motori in grado di far decollare il velivolo verso l’alto, permettendogli di compiere le medesime operazioni che si svolgono normalmente con un elicottero. Una volta in aria le sezioni dell’ala e della coda possono essere spostate in configurazione “normale” e far viaggiare l’aereo in orizzontale.

Il prototipo, battezzato GL-10 Greased Lightning, è dotato di un’apertura alare di 10 piedi (3 metri), ha compiuto il suo primo volo, comunque ormeggiato tramite opporti cavi di acciaio, il 19 Agosto scorso in occasione del National Aviation Day. Nella giornata di ieri, invece, il velivolo, nelle prove in Virginia – senza pilota a bordo – ha dimostrato tutte le sue capacità di volo. In merito all’esperimento compiuto, Bill Fredericks, ingegnere aerospaziale, si è così pronunciato: “durante le prove di volo abbiamo correttamente fatto decollare il velivolo in verticale e farlo poi volare così come un aereo convenzionale, le operazioni sono perfettamente riuscite in tutti i cinque voli di prova effettuati”.

[youtube kXql26sF5uc nolink]

Dell’aereo a decollo verticale, la NASA ha prodotto 12 prototipi con caratteristiche diverse; il piano originale era quello di sviluppare un drone con un’apertura alare di 20 piedi (6 metri) alimentato da motori elettrici e diesel, ma il team ha poi voluto testare una versione più piccola, radiocomandata e con un’apertura alare di 10 piedi (tre metri).

Un enorme fungo da 300 miliardi di dollari potrebbe sostituire la ISS

Una nuova stazione spaziale da 300 miliardi di dollari che dovrebbe sostituire la “vetusta” ISS, capace, ruotando in orbita quattro volte in un minuto, di creare gravità artificiale al suo interno, una vera manna dal cielo per gli astronauti costretti a lunghe soste nello spazio, con conseguenti deterioramenti delle ossa e dei muscoli.

“Crediamo che la gravità artificiale sia necessaria per sostenere i lunghi termini di permanenza degli astronauti nello spazio” ha dichiarato Bill Kemp, CEO della United Space Structures, l’azienda che si è proposta per costruire la nuova stazione orbitante. L’enorme fungo spaziale – che riprende appunto le sembianze di un fungo – dovrebbe essere lungo ben 400 metri di lunghezza (100 metri il diametro), costare circa 30 miliardi di dollari ed essere realizzato nell’arco di 30 anni.

Secondo i suoi progettisti, la gravità ricreata, simile a quella presente sulla Terra, si potrà realizzare facendo ruotare la stazione 4.22 volte al minuto attorno al suo asse verticale, creando una pressione verso il basso in grado di non far fluttuare oggetti e persone in essa ospitati. Oltre all’aspetto della gravità, la struttura sarebbe anche in grado di proteggere chi vive al suo interno dalle radiazioni e dall’impatto con detriti orbitali, le pareti della struttura, infatti, verrebbero rivestire in modo tale da filtrare raggi dannosi e assorbire urti con corpi spaziali.

Cerere. Quelle misteriose macchie luminose sul pianeta

Dawn, la sonda della NASA, la più vicina a Cerere, ha inviato nuove foto del pianeta nano, rispetto alle precedenti queste risultato molto più nitide, lasciando scorgere particolari che prima era impossibile identificare. Nella fattispecie, la sonda, il 19 febbraio scorso, quando si trovava a una distanza di 29mila miglia dal pianeta, ha scattato un’immagine che mostra due punti luminosi vicino la superficie del piccolo pianeta (560 miglia di diametro). Da cosa possano essere generati rimane un mistero. Le fotocamere della sonda sono ancora troppo lontane per offrire un’immagine più nitida, inizialmente si pensava fosse un’unica entità luminosa, ma l’avvicinarsi della sonda e la possibilità di scattare immagini più nitide hanno chiaramente fatto vedere che si tratta di due fonti luminose. Per alcuni, ma si tratti si mere supposizioni, si potrebbe trattare di due vulcani. Per svelare il mistero comunque non manca molto, la sonda Dawn entrerà nell’orbita del pianeta il prossimo 6 marzo, fornendo immagini molto più chiare sui misteriosi punti luminosi.

La NASA entro il 2040 vuole inviare un sottomarino su Titano

La NASA ha in mente una nuova missione con la quale spera di trovare nuove tracce di composti che potrebbero aiutare a comprendere meglio come ebbe inizio la vita. Dopo aver inviato un rover su Marte, l’Agenzia americana vuole ora inviare un sottomarino su Titano per una missione di 90 giorni. Nella foto di apertura viene illustrato come potrebbe apparire il sottomarino.

L’approdo del sottomarino su Titano è previsto entro il 2040 (col trasporto che dovrebbe essere affidato a un veicolo simile alla US Air Force X-37), sarà inviato nel Kraken Mare, il più grande mare di idrocarburi liquidi presente su Titano, il maggior satellite di Saturno (il mare è lungo circa 1.170 chilometri con una profondità stimata di circa 300 metri). Secondo la NASA, il sottomarino super hi-tech peserà circa una tonnellata e sarà in grado di viaggiare a un metro al secondo. Con la temperatura media del pianeta di -179°C, un generatore Stirling (Stirling Radioisotope Generator) ne impedirà il congelamento.

L’atmosfera del satellite naturale del pianeta Saturno, che dista dalla Terra un miliardo e mezzo di chilometri, è in gran parte costituita da azoto e metano, con una pressione che è quasi due volte quella della Terra. Molti astronomi ritengono che Titano rappresenti un pianeta analogo alla Terra primordiale, studiarlo potrebbe quindi rivelare grandi sorprese e forse facci conoscere qualcosa in più su come si è formato il nostro pianeta e su come si evolverà in futuro.

La faccia nascosta della Luna che nessuno potrà mai osservare dalla Terra

Dalla Terra è impossibile osservare l’emisfero lunare opposto a quello che normalmente osserviamo, solo il 10 ottobre del 1950, grazie alle fotografie inviate dalla cosmonave sovietica Luna 3, l’uomo poté osservare la vista di questo lato della Luna. Questo lato del nostro satellite risulta essere ricco di crateri e con pochi mari lunari, fenomeno dovuto al fatto di essere un lato non schermato dalla Terra e quindi facilmente raggiungibile da oggetti spaziali come, ad esempio, i meteoriti.

Per chi fosse interessato ad ammirare questo lato così misterioso della Luna, la NASA qualche giorno fa ha reso pubblica una splendida animazione – ricavata utilizzando i dati del Lunar Reconnaissance Orbiter – che mostra la faccia nascosta della Luna e nella quale sullo sfondo incombe la Terra, una prospettiva decisamente diversa da quella che siamo abituati naturalmente ad osservare.

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L’animazione riprende la Luna per l’intera durata del giorno lunare, uguale alla durata del moto di rivoluzione (lunazione) e corrisponde a 29,5 giorni terrestri.
Dalle immagini è facile distinguere il Bacino Polo Sud-Aitken – conosciuto anche come bacino SPA – un enorme cratere meteoritico di circa 2500 chilometri (quasi un quarto del diametro della Luna), formatosi circa 3.6 miliardi di anni e visibile come un’area leggermente più scura che copre la parte inferiore del disco. Il Bacino ha una profondità che si attesta intorno ai 13 chilometri, il punto meno elevato della Luna si trova proprio in questo cratere.

Prime foto del pianeta Cerere arrivano dalla sonda Dawn in avvicinamento

Tra le orbite di Marte e Giove gira una cintura di asteroidi all’interno della quale ruota un pianeta nano del sistema solare interno: Cerere. Si tratta dell’asteroide più massiccio della fascia principale del sistema solare (950 chilometri di diametro) e fu scoperto l’1 gennaio 1801. Dal 2006, Cerere è l’unico asteroide del sistema solare interno ad essere considerato un pianeta nano, così come Plutone. La sonda Dawn – lanciata nel 2007 per studiare i due più grandi oggetti nella cintura di asteroidi – il protopianeta Vesta (con un diametro di 525 chilometri) e Cerere – ha catturato diverse foto del pianeta nano con una risoluzione di appena 27p, sono state scattate all’alba mentre la sonda si trovava a 383mila chilometri da Cerere. Oggi gli astronomi credono che Cerere sia un protopianeta, un embrione planetario, formato all’interno del disco protoplanetario di una stella durante la creazione del sistema solare. La NASA ritiene che studiando Cerere – di cui si sa relativamente poco rispetto al resto del sistema solare – si riuscirà a ottenere informazioni essenziali per capire come si è realmente formato il nostro sistema solare.

La sonda spaziale Dawn ha osservato Cerere per un’ora il 13 gennaio 2015, da una distanza di 238.000 chilometri.
La sonda spaziale Dawn ha osservato Cerere per un’ora il 13 gennaio 2015, da una distanza di 238.000 chilometri.

La sonda Dawn la lasciato l’orbita di Vesta il 5 settembre 2012, dopo aver scattato oltre 30mila immagini del protopianeta e ora si sta dirigendo verso Cerere alla velocità di 725 chilometri orari, raggiungendolo il 6 marzo 2015 e intanto nel suo avvicinamento fornisce le prime immagini del pianeta nano.
La prima di queste immagini, scattate lo scorso 13 gennaio 2015, non è di alta qualità ma fornisce agli scienziati NASA già i primi dettagli. Andreas Nathues dell’Istituto Max Planck, commenta così le prime immagini:

“Le immagini trasmesse ci suggeriscono che il pianeta ospite strutture superficiali simil a crateri”. Le poche prove raccolte fino ad oggi suggeriscono che il pianeta potrebbe ospitare sulla sua superficie acqua ghiacciata.

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Il telescopio spaziale Kepler fotografa pianeta sul quale potrebbe esserci la vita

EPIC 201367065 è una stella rossa nana circa metà delle dimensioni del nostro Sole.  Ospita tre pianeti grandi come la Terra che si trovano a circa 150 anni luce di distanza dal nostro pianeta. Le orbite del pianeta più esterno fanno parte di un’area conosciuta come ”Goldilocks” (o zona abitabile) – una regione dove le temperature potrebbero essere abbastanza moderate per ospitare acqua e forse far esistere la vita.
La prossimità della stella fa si che la stessa risulti molto luminosa permettendo agli astronomi di studiare le atmosfere dei pianeti e determinare se sono simili a quella terrestre e quindi in grado di ospitare la vita. Il prossimo passo sarà quindi osservare i pianeti con altri telescopi, tra cui l’Hubble.

La scoperta assume ancora più valore se si pensa che è stata compiuta analizzando i dati ricevuti dal telescopio Kepler fortemente danneggiato. L’osservatorio orbitante della NASA lanciato in orbita il 7 marzo 2009 – cacciatore di esopianeti – già da tempo aveva manifestato problemi a due delle quattro ruote di reazione che ne mantenevano costante l’assetto; la prima ruota è andata fuori uso nel luglio 2012, la seconda poco più di un anno dopo (maggio 2013). Nonostante ciò riesce ancora a fornire importanti informazioni per gli astronomi.

I tre pianeti sono 2.1, 1.7 e 1.5 più grandi della dimensione della Terra. Il pianeta più esterno è il più piccolo dei tre e riceve tanta luce dalla sua stella quanta è quella che il nostro Sole invia al nostro pianeta; secondo Erik Petigura della Berkeley UC, che ha scoperto il 6 gennaio i pianeti mentre dirigeva un’analisi computerizzata dei dati di Kepler, i tre pianeti ricevono rispettivamente 10.5, 3.2 e 1,4 volte l’intensità della luce che arriva dal Sole sulla Terra. Petigura spiega: “C’è una possibilità molto reale che il pianeta più esterno sia roccioso come la Terra, il che significa che questo pianeta potrebbe avere la giusta temperatura per ospitare oceani di acqua allo stato liquido”.

Dopo la scoperta di Petigura il team che si sta occupando dello studio dei pianeti ha impiegato telescopi in Cile, Hawaii e California per cercare di ottenere maggiori informazioni sugli stessi: massa della stella, raggio, temperatura ed età. Due dei telescopi coinvolti, sono stati l’Automated Planet Finder sul Monte Hamilton, vicino a San Jose (California) e il telescopio “Keck” a Mauna Kea (Hawaii).

“Questa scoperta dimostra che K2 – così è stato ribattezzato il telescopio Kepler -, nonostante sia un po’ compromesso, possa ancora trovare pianeti scientificamente convincenti ed emozionanti” ha detto Petigura, che continia: “Questo nuovo uso ingegnoso di Keplero è una testimonianza dell’ingegnosità degli scienziati e ingegneri della NASA. Questa scoperta dimostra che Kepler può ancora dare tanto alla Scienza”.

NASA. Il 26 gennaio passerà vicinissimo alla Terra un asteroide

Si chiama 2004 BL86, è l’asteroide che il 26 gennaio “lambirà” il nostro pianeta, sarà l’oggetto cosmico che passerà più vicino al nostro pianeta fino all’anno 2027 quando l’asteroide 1999 AN10 passerà ancora più vicino. Sarà distante circa tre volte la distanza fra Terra e Luna ma non costituirà un pericolo.  Al momento del suo massimo avvicinamento alla Terra (26 gennaio 2015), l’asteroide sarà a circa 1,2 milioni di chilometri dal nostro pianeta. A causa della sua orbita intorno al sole, l’asteroide è attualmente visibile solo dagli astronomi muniti di telescopi di grandi dimensioni e che si trovano nell’emisfero meridionale. Il 26 gennaio sarà invece visibile dall’emisfero settentrionale anche ad astrofili dotati di piccoli telescopi o binocoli professionali.
Dalla sua luminosità, gli astronomi stimano che l’asteroide possa avere una dimensione di circa 0,5 chilometri. Don Yeomans del Jet Propulsion Laboratory di Pasadena, in California, spiega che l’asteroide “non costituisce una minaccia per la Terra nel prossimo futuro, rappresenta però un’occasione unica per osservare da vicino un asteroide dalle dimensioni così grandi”.

Asteroide2004BL86-16
L’attuale orbita dell’asteroide

 

Evacuazione di emergenza sulla Stazione Spaziale Internazionale. Forse una perdita di ammonica

Secondo l’Agenzia spaziale russa ROSCOSMOS, “sostanze pericolose” sono stati scaricate in alcune aree della ISS da uno split d’aria condizionata. In seguito al problema, i sei membri dell’equipaggio a bordo della ISS (compresa l’italiana Samantha Cristoforetti)  sono stati costretti a rifugiarsi nell’area russa della stazione spaziale. Secondo ROSCOSMOS, una “fuga di sostanze pericolose da un’unità di condizionamento” è stata scaricata nella stazione alle ore 8.45 am GMT; secondo la NASA potrebbe anche solo trattarsi di un sensore difettoso e l’equipaggio potrebbe rientrare nei locali già questa sera o domani mattina.
In ogni caso la sezione è stata isolata per impedire qualsiasi fuoriuscita d’ammoniaca – potrebbe essere questa la sostanza nociva rilascia nell’atmosfera – che avrebbe potuto contaminare il resto della stazione. L’ammoniaca sulla ISS viene utilizzata per raffreddare i radiatori di grandi dimensioni presenti all’esterno della stazione. Anche se estremamente utile come liquido di raffreddamento, l’ammoniaca è anche nociva se viene respirata. Una perdita di questo tipo, quindi, potrebbe rappresentare un serio problema per gli astronauti a bordo. In un tweet l’Agenzia spaziale statunitense ha spiegato: “i controllori di volo dell’ISS non sono sicuri se l’allarme è stato innescato da un picco di pressione, un sensore difettoso o un problema verificatosi all’interno dei circuiti di un computer”. In un tweet la Cristoforetti ha rassicurato tutti: “Grazie, stiamo bene qui nel segmento russo e siamo al sicuro”.

Il VolcanoBot della NASA esplora il vulcano Kilauea delle Hawaii

La NASA non è impegnata solo in progetti al di fuori del nostro pianeta, ma svolge anche attività sulla Terra non sempre pubblicizzate. Negli ultimi mesi, il Jet Propulsion Laboratory dell’Agenzia spaziale ha sperimentato l’utilizzo di un piccolo robot, il  VolcanoBot 1, in un vulcano delle Hawaii. Il piccolo robot è stato calato in una fenditura vulcanica inattiva dove nessun essere umano sarebbe potuto mai imbattersi, acquisendo importanti informazioni utili a comprendere meglio la natura dei vulcani e su come il magma viaggia dalla viscere della Terra fino alla superficie. In realtà nel vulcano Kilauea – la cui ultima eruzione risale al 3 gennaio 1983 – saranno presenti due robot della NASA, il VolcanoBot 1, il più grande dei due calato nel vulcano nel maggio dello scorso anno (a 25 metri di profondità della crepa) e il più piccolo VolcanoBot 2, che sarà inviato a ispezionare le viscere terrestri nel corso di questo anno, presumibilmente a marzo. VolcanoBot 1 ha una lunghezza di 30 centimetri e ruote da 17 centimetri; VolcanoBot 2 è più piccolo: 25 centimetri e ruote da 12 centimetri.

La missione della NASA, oltre a fornire importanti informazioni, potrebbe essere un utile banco di prova per quando, in futuro prossimo, si deciderà di esplorare vulcani o fenditure presenti su Marte o su altri pianeti. Negli ultimi anni, i velivoli della NASA hanno inviato a Terra incredibili immagini di grotte, fenditure e bocche vulcaniche di Marte e della Luna, un giorno potrebbe essere molto interessante ispezionarle e VolcanoBot potrebbe essere il capostipite di un robot adatto proprio per una missione di questo tipo.

IC 335, una galassia misteriosa a 60 milioni di anni luce dalla Terra

La NASA ha rilasciato una nuova immagine mozzafiato – ripresa dallo Hubble Space Telescope NASA / ES – di una galassia misteriosa che potrebbe aiutare a rivelare la forma dell’Universo. IC 335, questo il nome della galassia, fa parte di un gruppo di galassie contenente altre tre galassie e si trova nella costellazione della Fornace a 60 milioni anni luce di distanza dalla Terra. La galassia appare come un disco stellare sottile e una sorta di rigonfiamento il che lascia pensare si tratti di una galassia lenticolare o S0 – un tipo di galassia intermedio tra le ellittiche e le spirali nello schema di classificazione morfologica della sequenza di Hubble. Nella maggior parte di galassie questo tipo, la polvere interstellare si trova solo vicino al nucleo e generalmente segue il rigonfiamento centrale. A causa dei loro bracci di spirale poco chiari, se si trovano in posizione inclinata e osservate di taglio è difficile distinguerle dalle galassie di tipo ellittico. L’esatta natura di queste galassie è ancora materia di dibattito.

Anche tu puoi stampare un oggetto progettato dalla NASA e stampato nello Spazio

Quello che vedete in foto non è il primo oggetto 3D stampato nello Spazio, ma è il primo ad essere stato stampato nello Spazio per un’esigenza specifica. Quando al comandante della Stazione Spaziale Internazionale, Barry Wilmore, serviva una particolare chiave non in dotazione sul velivolo spaziale, la NASA non sapeva proprio come fare per soddisfare la richiesta, decise allora di progettare sulla Terra la chiave e spedire sulla ISS il file da stampare su una stampante 3D. È il primo oggetto in assoluto che è stato progettato sulla Terra e poi trasmesso nello spazio per la fabbricazione. La NASA ha reso disponibile a tutti il download del progetto (in formato .STL – STereo Lithography interface format oppure Standard Triangulation Language – un formato di file nato per i software di stereolitografia CAD) cosicché, chiunque si trovi in possesso di una stampante tridimensionale, possa stamparlo e custodirlo gelosamente, rappresenta a tutti gli effetti un pezzo di Storia.

NASA. NuSTAR scatta foto del Sole come mai nessun altro prima

Il NASA’s Nuclear Spectroscopic Telescope Array, o più semplicemente NuSTAR, ha “scattato” quella che può considerarsi il “più definito ritratto del sole mai finora scattato ai raggi x”. Questa prima immagine copre parte della corona solare, “il braccio ad ovest del Sole”. Il file ad altissima risoluzione (formato TIF – 15MB circa) può essere visionato direttamente sul sito del NASA Jet Propulsion Laboratory presso il California Institute of Technology. I raggi X catturati sono frutto del gas riscaldato ad oltre 3 milioni di gradi kelvin. Le aree non rosse dell’immagine mostrano il materiale a “bassa temperatura” dell’atmosfera solare, circa 1 milione di gradi kelvin. L’immagine è stata ottenuta sovrapponendo quelle di NuSTAR con quelle ottenute dal Solar Dynamics Observatory (SDO) della NASA nell’ultravioletto. L’area colorata di blu mostra energie tra 3 e 5 kiloelettrovolt mentre quelle verdi da 2 a 3 kiloelettrovolt. NuSTAR grazie ai suoi dispositivi hi-tech cercherà ora di individuare i cosiddetti nanobrillamento (nanoflare), piccoli brillamenti che si verifica nella corona solare e che portano quest’ultima a essere più calda rispetto alla superficie del Sole. La centrale operativa della missione che ospita NuSTAR si trova presso l’Università di Berkeley.

Zero-G Espresso, le particolari tazzine che permettono di bere il caffè nello Spazio

Come bere una bella tazza di caffè nello Spazio? Per effetto della gravità è impossibile farlo così come sulla Terra, i liquidi diventano gocce che galleggiano a mezz’aria e l’unico modo è adoperare apposite cannucce. Ora però una nuova tipologia di tazzine, messa a punto dal prof. Mark Weislogel, della Portland State University, potrebbero dare modo agli astronauti di assaporare un buon caffè anche in assenza di gravità.
Il segreto sta nella forma della tazzina, con un contorno calcolato al millesimo, i ricercatori sono riusciti a imporre al liquido un percorso forzato che permette agli astronauti di sorseggiare i liquidi senza che questi formino bolle, il tutto funziona allo stesso modo di come viene preparato il caffè espresso, non a caso il nome della tazzina riprende nel nome proprio il termine “espresso”. Già nel 2008 una tazzina simile a questa venne progettata dall’ex astronauta statunitense Don Pettit. La NASA sembra essere estremamente interessata al progetto che potrebbe avere risvolti anche in altri ambiti, come quello della gestione dei combustibili in assenza di gravità. Sei tazzine “Zero-g Espresso”, in una missione di rifornimento prevista per il prossimo febbraio 2015, partiranno alla volta della Stazione Spaziale Internazionale a bordo del razzo SpaceX Dragon. Saranno utilizzate dagli astronauti per sperimentare, oltre al caffè, anche l’utilizzo di altri liquidi come succhi di frutta, frullati e cacao.

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NASA vuole costruire una “città fluttuante” sopra le nuvole di Venere

La NASA ha da tempo avviato numerosi programmi per l’esplorazione di Marte, ma far visita al pianeta rosso non è proprio semplice, soprattutto per via della distanza dal nostro pianeta e perché un eventuale equipaggio sul suolo marziano sarebbe esposto a radiazioni quaranta volte maggiori rispetto a quelle terrestri. Venere è molto più vicina, con una distanza media di circa 41 milioni di chilometri contro i 99 milioni di chilometri dalla Terra all’Opposizione afelica. Venere in quanto a dimensioni (raggio di 6.052 chilometri contro i 6.371 chilometri della Terra) è molto più simile al nostro pianeta, tuttavia il pianeta è invisitabile, le sonde inviate sulla sua superficie hanno resistono al massimo due ore prima di arrendersi a condizioni estreme: pressione atmosferica fino a 92 volte maggiore della Terra; temperatura media di 462 gradi Celsius; estrema attività vulcanica e sismica; atmosfera estremamente densa e composta prevalentemente da anidride carbonica, con una piccola quantità di azoto; nuvole composte di acido solforico. La NASA però non sembra voler abbandonare l’idea di avvicinarsi al pianeta, e lo fa pensando a una sorta di Cloud City. Un veicolo spaziale, nome in codice HAVOC (High Altitude Venus Operational Concept) è stato concettuale progettato da un team di scienziati presso il NASA Langley Research Center; si tratta di un velivolo in grado di letteralmente adagiarsi sopra le nuvole acide del pianeta, rimanendo lì per almeno 30 giorni e dando così modo agli astronauti di raccogliere importanti dati sull’atmosfera del pianeta. Il velivolo della NASA potrebbe collocarsi a un’altitudine di circa 50 chilometri dal suo di Venere, dove le condizioni sono molto simili a quelle terrestri, con pressione atmosferica, gravità e temperature decisamente più ospitali. L’idea c’è, ora il passo successivo sarà quello di effettuare delle simulazioni delle condizioni Venusiana sulla Terra e la NASA sembra essere già pronta in tal senso, con un documento che delinea le attuali capacità operative e le strutture necessaria per avviare la sperimentazione.

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