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Da un ragno il segreto per creare polimeri per fibre ultra-sottili e super resistenti

Il ragno di tipo “Uloborus plumipes” (appartenente alla famiglia Uloboridae), specie molto frequente anche nelle serre (noto anche come “garden centre spider”), tesse ragnatele incredibilmente sottili che vengono caricate elettricamente per intrappolare le prede.

Scienziati del dipartimento di zoologia dell’Università di Oxford stanno studiando meglio il ragno per capire come riesce a produrre filamenti ultra sottili (spesse solo milionesimi di millimetro) ma nel contempo fortissimi e caricati elettricamente, a differenza di altri ragni che tessono tele più spesse lasciando piccoli depositi di colla per rendere la seta appiccicosa e in grado di intrappolare le prede.

I ricercatori hanno cercato di capire il processo utilizzato dal ragno dettagliando il loro studio in un articolo pubblicato sul magazine “Biology Letters”; hanno verificato che a differenza di altri ragni, questa particolare specie è dotata di ghiandole sericigene – che secernono i fili di seta – più piccole di qualsiasi altra specie di ragno conosciuta, e sono proprio queste ghiandole che rendo i filamenti ultra-sottili. Come la seta emerge dalle ghiandole allo stato liquido, il ragno tira il liquido facendogli assumere una forma allungata, “congelando”, poi, la forma assunta dal filamento e, nel contempo caricando lo stesso elettrostaticamente grazie a una sorta di “pettine” posto sulle zampe posteriori. Un processo che ricorda molto quello della produzione del lino, le cui fibre vengono tirate mediante un pettine di metallo al fine di separarle l’una dalle altre e renderle più semplici da lavorare al momento della filatura.

Secondo il Professor Vollrath, “studiando questo ragno stiamo raccogliendo preziose informazioni su come creare filamenti in nano-scala. Se riuscissimo a riprodurre il metodo usato dai ragni per produrre nano-fibre caricate elettrostaticamente, spianeremmo la strada a una nuova tecnologia per la produzione di polimero”.

Ricercatori del MIT svelano interfaccia per collegare computer al cervello

La complessità del cervello umano rende estremamente impegnativo il suo studio, non solo a causa della sua vastità, ma anche per l’enorme quantità di dati che simultaneamente vengono elaborati e trasmessi. Ogni giorno la scienza cerca nuovi metodi per cercare di capire il funzionamento di quest’organo e così agire per combattere talune patologie.

Proprio in questi giorni ricercatori del MIT hanno fatto sapere di aver messo a punto una fibra sottilissima – meno dello spessore di un capello – in grado di “interfacciarsi” con il cervello inviandogli segnali ottici e farmaci, gestibile dall’esterno mediante opportuni computer in grado di controllarla. Una scoperta che potrebbe portare allo sviluppo di dispositivi per il trattamento di patologie quali il morbo di Parkinson.

Le nuove fibre sono costituite da polimeri che assomigliano molto alla struttura dei tessuti neurali. Oltre a fornire segnali ottici e farmaci direttamente nel cervello, la fibra consente anche di monitorare costantemente le funzioni del cervello e potrebbe consentire una mappatura precisa dell’attività neurale. Non solo, la fibra può essere impiegata restando nel cervello molto tempo senza danneggiare i tessuti delicati che li circonda, qualcosa di molto più sofisticato degli ingombranti elettrodi finora impiegati.

“Stiamo costruendo interfacce neurali, morbide e flessibili, che interagiscono con i tessuti in modo più organico rispetto ai dispositivi che sono stati utilizzati in precedenza” riferisce Polina Anikeeva del MIT. “I dispositivi attualmente impiegati per la registrazione e stimolazione neurale” spiega Anikeeva, “sono fatti di vetro, semiconduttori e metalli che possono danneggiare i vicini tessuti durante il normale movimento”.

I ricercatori fanno sapere che si tratta di un primo passo dello sviluppo di questa tecnologia  e che serviranno ancora diversi test prima di poter proporre la fibra per l’impiego su larga scala.

Scienziati mettono a punto materie plastiche che trasmettono energia

Un recente studio condotto da un gruppo di ricercatori in Australia e pubblicato sul magazine scientifico ChemPhysChem, dimostra come sia possibile realizzare circuiti elettronici plastici in grado di piegarsi e plasmarsi nelle forme più varie. Il team è stato in grado di utilizzare un fascio di ioni per fare in modo che una pellicola di plastica conducesse facilmente elettricità, alla stregua di altri conduttori metallici. Tali polimeri plastici potrebbero spianare la strada anche a una serie di nuovi prodotti tecnologici, come schermi e magazine digitali pieghevoli, nonche essere impiegati in biomedicina, magari per creare protesi in grado di integrarsi con il corpo umano, riducendo drasticamente il rigetto. Fonte

Spray-on Fabric, la maglietta che si spruzza addosso

Manel Torres è un designer spagnolo che ha avuto l’idea di realizzare un particolare spray, composto da fibre di cotone, polimeri e solventi che, se spruzzato sul corpo di una persona, permette di creare all’istante una sorta di maglietta. Lo spray può essere spruzzato direttamente sulla pelle con una semplice pistola; la patina spruzzata addosso diventa all’istante elastica (pronto nel giro di 15 minuti), aderendo perfettamente alla pelle e creando una sorta di tessuto. Spray-On Fabric, questo il nome del prodotto, è ancora in fase prototipale, i ricercatori stanno lavorando per cercare di rendere il tessuto un po’ meno aderente.

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Una batteria realizzata con alghe e sale da cucina

Un gruppo di ricercatori dell’Università Uppsala in Svezia, capeggiati dal dott. Albert Mihranyan, ha messo a punto una batteria elettrica che tra le fonte di energia da materiale organico come alghe e sale da cucina. La tecnica utilizzata si basa su materiali di nuova concezione, conosciuti come polimeri conduttori, ovvero una catena di molecole del medesimo tipo, capaci di scambiare tra loro energia. La buona notizia arriva dal fatto che tali materiali sono ricavabili da qualunque tipologia di materia organica (erbe, legno, frutta, verdura etc). Per realizzare il foglio di carta conduttore, i ricercatori hanno impiegato un foglio sottilissimo di questi nuovi materiali (spesso quanto un capello) su un foglio di cellulosa ottenuto da alghe marine. E’ stato quindi incollato sopra un secondo foglio di cellulosa imbevuto di cloruro di sodio (comune sale da cucina), realizzando un multistrato capace di comportarsi come una comune batteria, in grado di ricaricare anche un telefonino. Una batteria di questo può essere ricaricata in 11,3 secondi a 320 mA.

Lo zucchero filato per creare tessuti umani sostitutivi

Una ricerca condotta dai prof. Jason Spector  e Leon Bellan presso la Cornell University, mette in evidenza  le doti dello zucchero filato come elemento per coltivare in laboratorio tessuti che possono essere impiegati facilmente nel corpo umano. I ricercatori utilizzando lo zucchero alla stregua di una rete, creano una sorta di impalcatura sulla quale poggiare vasi sanguigni all’interno di tessuti, generati il laboratorio, come ossa, muscoli, pelle e altro. Sullo zucchero filato viene versato un particolare polimero, quest’ultimo, una volta solidificatosi, permette di eliminare le fibre di zucchero, servite d’appoggio, semplicemente tramite un getto d’acqua. Fonte e approfondimenti