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Nuovi studi sui telefoni cellulari non rivelano chiari legami con l’insorgere dei tumori

Diversi recenti studi, avevano asserito che i telefoni cellulari possono causare diversi problemi di salute: infertilità maschile e possibili effetti negativi sull’attività cerebrale. L’Organizzazione Mondiale della Sanità addirittura ha definito i telefoni cellulari cancerogeni tanto quanto lo sono i fumi di scarico di un motore, del piombo e del cloroformio. Nonostante questo, ricercatori degli Stati Uniti, Gran Bretagna e Svezia hanno condotto una revisione di questi studi già pubblicati, deducendo che, in definitiva, non ci sono chiari legami tra insorgere dei tumori e uso del telefono cellulare. Anthony Swerdlow, team leader dello studio, ha esaminato i risultati del più grande studio effettuato in merito, pubblicato lo scorso anno. Questo particolare studio ha preso in considerazione 13.000 utenti di telefoni cellulare per un periodo di 10 anni. Dopo aver esaminato lo studio, ??Swerdlow ha concluso che  questi aveva problemi di ordine metodologico, perché si è basato essenzialmente su interviste nelle quali veniva chiesto ai partecipanti di ricordare l’uso del telefono in un periodo molto remoto, molte delle risposte date, quindi, risultavano approssimative. Swerdlow e il suo team ha così scoperto che gli studi condotti in tutto il mondo 20 anni dopo l’introduzione dei telefoni cellulari e 10 anni dopo la loro diffusione, non hanno mostrato un aumento dei tumori cerebrali. “Anche se rimane ancora qualche incertezza, l’andamento delle prove finora effettuate, protendono sempre più contro l’ipotesi che l’uso del cellulare può causare tumori al cervello negli adulti”, si legge in una nota rilasciata dal team di ricerca. Fonte

Radiazioni nucleari possono influire sul sesso del nascituro

Alcuni ricercatori dell’Helmholtz Zentrum München, hanno scoperto che a lungo termine, l’esposizione alle radiazioni nucleari portano a un aumento delle nascite maschili rispetto a quelle femminili. I ricercatori Scherb e Voigt hanno studiato coloro che vivono, o hanno vissuto, vicino a impianti nucleari, così come le zone colpite dalle radiazioni emesse dalle bombe atomiche di test prima del Trattato che ne bandisse l’uso nel 1963. In tutti i casi esaminati, è emerso che le nascite maschili sono state di gran lunga superiori a quelle femminili. In realtà, i ricercatori hanno scoperto che c’è stato un aumento delle nascite di sesso maschile in Europa nel 1987, un anno dopo il disastro di Chernobyl. Gli Stati Uniti, che non sono stati colpiti dal disastro nucleare, non ha subito lo stesso cambiamento delle nascite a prevalenza maschile. Inoltre, lo studio ha trovato che coloro che vivono entro 22 miglia da impianti nucleari in Germania e Svizzera hanno avuto un maggiore tasso di natalità dei neonati di sesso maschile. I ricercatori ritengono che una tale alterazione delle nascite, sia stata causata da radiazioni ionizzanti provenienti da attività nucleari; tali radiazioni possiedono caratteristiche mutagene e possono influire negativamente sulla riproduzione. “Il nostro risultato contribuisce a smentire la credenza stabilita e prevalente che le radiazioni non incidano sul pool genetico delle future generazioni”. Lo studio è stato pubblicato sul magazine Environmental Science and Pollution Research. Fonte e approfondimenti

Usare il cellulare porta il cervello a consumare più zuccheri

Un recente studio condotto dai ricercatori americani del National Institutes of Health di Bethesda, e pubblicato sul magazine Jama, dimostra come durante l’utilizzo del telefono cellulare per almeno cinquanta minuti, il cervello altera il suo metabolismo del glucosio, consumandone maggiormente proprio nelle aree in cui l’antenna del dispositivo poggia. Ciò non dimostra che l’uso dei dispositivi cellulari comporti dei problemi di salute, è solo un’ulteriore scoperta finora “sfuggita” ai numerosi gruppi di ricerca in tutto il mondo. Gli scienziati impegnati in questa ricerca hanno dichiarato: “Non possiamo accertare che tale fattore scoperto a lungo termine comporti problemi di salute, è solo una prova lampante che il cervello reagisce ai campi elettromagnetici”. Fonte e approfondimenti

La felicità aiuta il cuore a stare bene

Sprizzare gioia e felicità è un vero toccasana per il nostro cuore. Questo è quanto emerge da un recente studio condotto preso la Columbia University Medical Center di New York e pubblicato sul magazine European Heart Journal. Per giungere a tale conclusione, gli studiosi hanno monitorato per dicei anni lo stile di vitadi 1700 persone del Canada, cercando in qualche modo di attribuire un valore numerico al loro livello di felicità. Sono quindi stati individuati 145 soggetti che nell’arco degli anni avevano manifestato problemi cardiovascolari,  accentuati dal cattivo umore.  Altri parametri presi in considerazione sono stati l’età, il sesso e lo stile di vita.  Si è dedotto che vivere con il sorriso sulle labbra riduce del 22%  la probabilità di ammalarsi di problemi al cuore.

Mamma in carriera? I bimbi mangiano male

Uno studio condotto dalla ricercatrice Catherine Law del Institute of Child Health, che ha visto coinvolti oltre 12.500 bambini con età pari a cinque anni, ha messo in evidenza come i bimbi figli di mamme lavoratrici, conducono uno stile di vita meno salutare, mangiando merendine, passando diverse ore davanti la TV e preferendo la console e il PC ai classici giochi all’aria aperta. Si tratta di uno studio che avvalora e rafforza una seconda ricerca che metteva in relazione l’obesità dei ragazzi con il fatto che le mamme fossero lavoratrici. La ricerca, sottolinea la professoressa Law, non impone alle mamme di non lavorare, ma vuole sensibilizzare i governi a sviluppare politiche e programmi di sostegno per i genitori. Link per approfondimenti

Dimagrire per inquinare di meno

Mangiare di meno, mantenere la linea, non è solo un toccasana per la nostra salute, ma anche per quella del nostro pianeta. Consumando meno cibo, infatti, si ha meno produzione di gas serra e si tende a utilizzare di meno l’automobile, poiché si è portati maggiormente a spostarsi a piedi (una ricerca ha evidenziato che l’uso dell’automobile aumenta in modo proporzionale al variare del peso). A mettere in relazione la “ciccia” con la salute del nostro pianeta è uno studio effettuato presso la London School of Hygiene & Tropical Medicine. “Le persone in sovrappeso consumano molto più cibo rispetto alle persone magre, si spostano maggiormente in auto, rendendo di fatto il peso in eccesso doppiamente dannoso per l’ambiente”, hanno dichiarato i ricercatori Phil Edwards e Ian Roberts. Sempre secondo i ricercatori, un miliardo di persone in grado di mantenere un peso forma, ogni anno permetterebbe di ridurre di un miliardo la produzione di CO2, rispetto al medesimo numero di persone con qualche chilo di troppo. Fonte

Nuovo farmaco per combattere l’Alzheimer

Un gruppo di scienziati inglesi, capeggiati dal prof. Mark Pepys, ha pubblicato un articolo in cui sostiene di aver individuato una nuova molecola, nota come CPHPC, in grado di eliminare le proteine tossiche, SAP (serum amyloid P component), presenti nel sangue e responsabili dell’aggressione delle fibre nervose del cervello con conseguente sviluppo di malattie come, ad esempio, l’Alzheimer. Secondo quanto sperimentato su alcuni pazienti, il nuovo farmaco non avrebbe nessun effetto collaterale, tuttavia servono ancora ulteriori sperimentazioni prima di poter pensare a una commercializzazione su larga scala del prodotto. Fonte

Vecchi a 27 anni, il declino del cervello inizia a questa età

Le potenzialità del cervello iniziano a diminuire a soli 27 anni, dopo aver raggiunto il massimo picco a 22, età che segna così l’inizio dell’invecchiamento cerebrale. Ad attestarlo un professore della Virginia University, Timothy Salthouse, che  in sette anni di studio ha analizzato il cervello di 2000 persone tra i 18 e i 60 anni, giungendo al risultato che la velocità di pensiero inizia a declinare già dopo i 20 anni. Ecco perché occorre ricorrere a terapie che invertono il processo di invecchiamento già in giovanissima età. Per testare l’agilità mentale, i partecipanti hanno dovuto risolvere puzzle, ricordare parole e dettagli di storie vissute, riconoscere schemi di lettere e simboli. Il calo naturale di alcune delle nostre capacità mentali inizia quindi molto prima di quanto si possa credere. In nove prove su dodici, l’età media in cui si è raggiunto il massimo delle prestazioni è stata a 22 anni. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista “Neurobiology of Aging