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campi magnetici terrestri
Il nostro cervello è sensibile ai campi magnetici terrestri

Un nuovo studio, guidato dal geoscienziato Joseph Kirschvink e dal neuroscienziato Shin Shimojo della Caltech e dal neuro-ingegnere Ayu Matani dell’Università di Tokyo, offre prove sperimentali che le onde cerebrali umane rispondono ai cambiamenti dei campi magnetici terrestri. Secondo Kirschvink e Shimojo questa è la prima prova concreta di un nuovo organo sensoriale. La ricerca mostra i cambiamenti nell’ampiezza dell’onda alfa – che regola il ritmo basale dell’elettroencefalografia e che si manifesta tra gli 8 e i 13 Hertz – dopo le rotazioni del campo magnetico della Terra. Le rotazioni in senso antiorario inducono un calo generalizzato dell’ampiezza dell’onda alfa, mentre non si osserva nessun calo dopo la rotazione in senso orario o nella condizione di non movimento.

La magnetorecezione

“È appurato che molti animali sono sensibili alle forze del campo magnetico terrestre, perché non dovremmo esserlo noi?” spiega Connie Wang, laureanda alla Caltech e autrice principale dello studio. Ad esempio, le api, i salmoni, le tartarughe, gli uccelli, le balene e i pipistrelli usano il campo geomagnetico per muoversi nello spazio; è stato a lungo teorizzato che anche gli esseri umani potessero avere la medesima capacità, tuttavia non è mai stato possibile dimostrarlo.

Per provare a determinare se gli umani percepiscono realmente i campi magnetici, in quella che è stata battezzata magnetoricezione, Kirschvink e Shimojo hanno costruito una camera isolata con schermatura a radiofrequenza e hanno fatto accomodare all’interno i partecipanti alla studio in totale oscurità per un’ora. Durante i 60 minuti gli scienziati hanno variato il campo magnetico attorno alla camera e misurato le onde cerebrali dei partecipanti tramite elettrodi posizionati in 64 punti sul loro capo.

Come è stato eseguito il test

Il test è stato eseguito con 34 partecipanti di varie etnie e fasce d’età. Si è potuto appurare che tra molti partecipanti i cambiamenti delle onde cerebrali risultavano strettamente correlati ai cambiamenti nel campo magnetico che li circondava. Nello specifico, i ricercatori hanno monitorato il ritmo alfa nel cervello. Quando il cervello umano non è “impegnato”, la potenza delle onde alfa è alta, invece, se il cervello, consciamente o inconsciamente, è attirato da qualcosa la potenza delle onde alfa decade, ciò avviene per diversi stimoli sensoriali come la visione, l’udito e il tatto.

Gli esperimenti hanno mostrato che, in alcuni partecipanti, le onde alfa hanno iniziato a scendere dai livelli basali immediatamente dopo la stimolazione magnetica, diminuendo fino al 60 percento in alcune centinaia di millisecondi, per poi tornare alla linea basale di riferimento pochi secondi dopo lo stimolo. Una delle sfide nei primi tentativi dell’esperimento è stata la difficoltà di assicurarsi che i cambiamenti delle onde cerebrali fossero realmente correlati al campo magnetico e non a effetti terzi; ad esempio, si è dovuto lavorare molto sulle bobine che generavano il campo magnetico attorno alla stanza, evitando che le stesse creassero un un ronzio udibile in grado di innescare nei partecipanti un cambiamento delle onde alfa con conseguente falsificazione dei risultati dei test. Per risolvere questi problemi, la camera è stata completamente insonorizzata e resa buia, i fili di rame utilizzati per alterare il campo magnetico sono stati scrupolosamente isolati.

Kirschvink spera che questo studio sui campi magnetici terrestri possa fare da volano per altri ricercatori interessati all’argomento. “Data la presenza nota di sistemi di navigazione geomagnetica nelle specie animale, forse non sorprende che l’uomo possa aver conservato questa facoltà, specialmente in considerazione del fatto che l’uomo, così come gli animali, è nato cacciatore con le stesse necessità di altre specie animali, avrebbe quindi potuto conservare, anche se in parte, la capacità di captare il campo magnetico terrestre”. Fonte approfondimenti