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Attorno la maggior parte delle stelle della Via Lattea ruotano almeno due pianeti simili alla Terra

Centinaia di miliardi di pianeti simili alla Terra in grado di ospitare la vita si potrebbero verosimilmente trovare intorno la maggior parte delle stelle che gravitano nella nostra galassia. Questo è quanto emerge da un recente studio condotto da ricercatori australiani che hanno analizzato i dati provenienti dal telescopio spaziale Kepler. Sebbene il telescopio riesca a rivelare solo pochi pianeti, gli studiosi, applicando teorie di 200 anni fa (legge di Titius-Bode), le stesse che hanno portato alla scoperta di Nettuno, sono riusciti a calcolare un congruo numero di pianeti () in orbita attorno a stelle di massa simile a quella del Sole, e in grado di ospitare la vita.

“Gli ingredienti perché si formi la vita sono abbondanti, e ora sappiamo che gli ambienti abitabili sono tantissimi”, ha detto il professore Charley Lineweaver dell’Australian National University, che continua: “In ogni caso nell’Universo non esistono forme di vita così intelligenti da costruire radiotelescopi e navi spaziali; se così fosse stato avremmo già sicuramente stabilito con questi essere intelligenti una sorta di contatto. È facile che ci sia qualche altro “ostacolo” per la nascita della vita, qualcosa che non abbiamo ancora avuto modo di scoprire. Da non escludere l’ipotesi che molte civiltà intelligenti si siano evolute per poi implodere e sparire nel nulla”.

Studiando i dati gli studiosi hanno ipotizzato che gran parte delle stelle potrebbe possedere mediamente due pianeti in grado di ospitare la vita; pianeti che graviterebbero nella zona abitabile circumstellare, ovvero nella regione intorno a una stella ove è teoricamente possibile per un pianeta mantenere acqua liquida sulla sua superficie.

La legge di Titius-Bode che ha dato modo agli studiosi di effettuare tale scoperto e che prende il nome dai due astronomi che per primi ne evidenziarono l’esistenza, è la stessa che suggerì agli astronomi, intorno al XVIII secolo. la presenza di “qualcosa” tra l’orbita di Marte e quella di Giove. Circa vent’anni più tardi fu scoperto Cerere, il pianeta nano più interno. Secondo la legge, variando nella formula matematica “D = 0,4 + 0,3 x 2n” i numeri (- infinito, 0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7) al posto di n, si ottengono in modo approssimato le distanze medie (in unità astronomiche) dei pianeti dal Sole; fa eccezione Nettuno i cui valori non sono esattamente coincidenti.

Il telescopio spaziale Kepler fotografa pianeta sul quale potrebbe esserci la vita

EPIC 201367065 è una stella rossa nana circa metà delle dimensioni del nostro Sole.  Ospita tre pianeti grandi come la Terra che si trovano a circa 150 anni luce di distanza dal nostro pianeta. Le orbite del pianeta più esterno fanno parte di un’area conosciuta come ”Goldilocks” (o zona abitabile) – una regione dove le temperature potrebbero essere abbastanza moderate per ospitare acqua e forse far esistere la vita.
La prossimità della stella fa si che la stessa risulti molto luminosa permettendo agli astronomi di studiare le atmosfere dei pianeti e determinare se sono simili a quella terrestre e quindi in grado di ospitare la vita. Il prossimo passo sarà quindi osservare i pianeti con altri telescopi, tra cui l’Hubble.

La scoperta assume ancora più valore se si pensa che è stata compiuta analizzando i dati ricevuti dal telescopio Kepler fortemente danneggiato. L’osservatorio orbitante della NASA lanciato in orbita il 7 marzo 2009 – cacciatore di esopianeti – già da tempo aveva manifestato problemi a due delle quattro ruote di reazione che ne mantenevano costante l’assetto; la prima ruota è andata fuori uso nel luglio 2012, la seconda poco più di un anno dopo (maggio 2013). Nonostante ciò riesce ancora a fornire importanti informazioni per gli astronomi.

I tre pianeti sono 2.1, 1.7 e 1.5 più grandi della dimensione della Terra. Il pianeta più esterno è il più piccolo dei tre e riceve tanta luce dalla sua stella quanta è quella che il nostro Sole invia al nostro pianeta; secondo Erik Petigura della Berkeley UC, che ha scoperto il 6 gennaio i pianeti mentre dirigeva un’analisi computerizzata dei dati di Kepler, i tre pianeti ricevono rispettivamente 10.5, 3.2 e 1,4 volte l’intensità della luce che arriva dal Sole sulla Terra. Petigura spiega: “C’è una possibilità molto reale che il pianeta più esterno sia roccioso come la Terra, il che significa che questo pianeta potrebbe avere la giusta temperatura per ospitare oceani di acqua allo stato liquido”.

Dopo la scoperta di Petigura il team che si sta occupando dello studio dei pianeti ha impiegato telescopi in Cile, Hawaii e California per cercare di ottenere maggiori informazioni sugli stessi: massa della stella, raggio, temperatura ed età. Due dei telescopi coinvolti, sono stati l’Automated Planet Finder sul Monte Hamilton, vicino a San Jose (California) e il telescopio “Keck” a Mauna Kea (Hawaii).

“Questa scoperta dimostra che K2 – così è stato ribattezzato il telescopio Kepler -, nonostante sia un po’ compromesso, possa ancora trovare pianeti scientificamente convincenti ed emozionanti” ha detto Petigura, che continia: “Questo nuovo uso ingegnoso di Keplero è una testimonianza dell’ingegnosità degli scienziati e ingegneri della NASA. Questa scoperta dimostra che Kepler può ancora dare tanto alla Scienza”.