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Nuova lampadina al grafene presto disponibile in commercio

Dopo le lampadine a incandescenza, che da decenni hanno illuminato le abitazioni del mondo, i LED hanno preso il sopravvento. Qualche anno fa le lampadine a incandescenza sono state bandite dal mercato, in alcuni paesi la normativa è così stringente che la loro importazione viene considerata illegale. Una politica, quella della sostituzione delle lampadine tradizionali, volta a favorire il risparmio energetico, le lampadine a LED, infatti, consumano molta meno energia.

Ora però un’altra tipologia di lampadina fa breccia nel mercato, e già da quest’anno potremmo trovarla in commercio. Si tratta di una lampadina che sfrutta il grafene in accoppiata alla tecnologia LED; in particolare, il tradizionale LED viene rivestito in grafene che conferisce la LED maggiore durata e una più efficace conduzione elettrica e del calore: si pensi che uno strato di grafene, composto da pochi atomi, risulta essere più forte dell’acciaio. Secondo i suoi inventori, la lampadina potrà abbattere i costi energetici del 10 per cento.

La lampadina a grafene – il cui bulbo copia il design classico dell’inventore Thomas Edison – è un progetto del National Graphene Institute dell’Università di Manchester, sviluppato dalla spin-off canadese Graphene Lighting, guidata dal prof. Colin Bailey, vice-cancelliere presso l’Università di Manchester.
Nessun prezzo ufficiale ancora, ma si pensa che le nuove lampadine potrebbero avere un prezzo più conveniente rispetto a quelle a LED “tradizionale”, ciò sostanzialmente dovuto al fatto che i costi di produzione risultato più bassi.

Esperimento incredibile! Rallentata la velocità della luce nell’aria

Per la prima volta al mondo in un laboratorio, ricercatori dell’Università di Glasgow e della Heriot-Watt University, sono riusciti a rallentare la velocità della luce mentre viaggia nello spazio libero. Le particelle di luce sono state rallentate senza impedimenti di altri materiali come il vetro o acqua, elementi già noti per rallentare naturalmente il passaggio della luce. Nell’esperimento pubblicato su Science Express, gli scienziati hanno “fatto gareggiare” due fotoni verso un medesimo traguardo. Uno dei due fotoni è stato lasciato libero di muoversi naturalmente, all’altro è stata invece applicata una ‘maschera’ che cambia la struttura delle particelle, e proprio quest’ultimo è arrivato al traguardo in ritardo rispetto al primo fotone (alcuni millesimi di millimetro su una distanza complessiva di un metro) così come mostrato nella foto di apertura (fonte: D. Giovannini – Università di Glasgow).

L’italiano Daniel Giovannini, uno dei fisici che ha preso parte all’esperimento ha così spiegato l’esperimento: “il ritardo che abbiamo applicato al fascio di luce è piccolo, pochi micrometri su una distanza di propagazione di un metro, ma è significativo”. Il co-autore dello studio, Jacquiline Romero, spiega che “questa scoperta dimostra inequivocabilmente che la propagazione della luce può essere rallentata al di sotto della velocità comunemente accettata di 299,792,458 metri al secondo, anche quando si viaggia in aria o nel vuoto. Anche se abbiamo misurato l’effetto su un singolo fotone, esso si applica a ogni fascio di luce a corto raggio”.

Il team di ricercatori paragona un fascio di luce – che contiene molti fotoni – a una squadra di ciclisti che scambiano la loro posizione a capo del gruppo. Anche se il gruppo di ciclisti viaggia lungo la stessa strada, cercando di raggiungere il medesimo traguardo, la velocità dei singoli ciclisti può variare, così come la loro posizione, lo stesso vale per la luce; un singolo impulso di luce contiene molti fotoni, ognuno dei quali può viaggiare a differente velocità.

Miles Padgett, a capo del progetto, spera che la scoperta possa trovare applicazione anche in altri campi, “ci aspettiamo che l’effetto possa essere applicabile a qualsiasi teoria delle onde, un simile rallentamento potrebbe essere applicato, ad esempio, anche alle onde sonore”.

La fotocamera con lo scatto più veloce al mondo. Sarà utilizzata per studiare i mantelli dell’invisibilità

Una fotocamera che cattura 100 miliardi di fotogrammi al secondo generando immagini 2D a colori, talmente veloce che potrebbe essere impiegata per studiare come la luce si muove e deforma intorno agli oggetti, ma anche come avvengono determinate comunicazioni ottiche ed essere impiegata in diversi campi della biomedica. È stata messa a punto da un team guidato da Lihon Wang della Washington University di St Louis. Si chiama Compressed Ultrafast Photography (CUP), e l’ingegnere Brian Pogue la vede come ottimo strumento “per migliorare la ricerca e l’approccio allo studio dell’invisibilità” e mettere così a punto “mantelli invisibili” in grado di piegare la luce intorno a se stessi e così nascondere agli occhi umani gli oggetti da esso rivestiti. Altre telecamera ultra-veloci sono state messe a punto prima di queste, tuttavia la più veloce finora sviluppata permetteva di catturare “solo” 1 miliardo di fotogrammi al secondo e comunque in una sola dimensione — ciò significa poter misurare solo dimensioni di spazio o tempo, ma non entrambi. Wang e il suo team hanno così commentato il progetto CUP: ”È nostra speranza che la fotocamera CUP consentirà nuove scoperte nella scienza. Ad esempio, combinando CUP con il telescopio Hubble, potremmo avere come risultato immagini finora mai realizzate, con una nitidezza assoluta”. Nella foto di apertura la cattura della luce laser in movimento riflessa da uno specchio, catturata utilizzando la nuova fotocamera. La misurazione temporale è espressa in picosecondi (un trilionesimo o un milionesimo di un milionesimo di secondo).