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Consumo di arachidi nell’infanzia impedirebbe futura allergia

L’introduzione delle arachidi nelle diete dei neonati porterebbe a una riduzione dell’81 del cento del successivo rischio di sviluppare l’allergia, proprio alle arachide, in età più adulta. I risultati dello studio, sostenuto dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) sono stati pubblicati sul “New England Journal of Medicine” e sono stati presentati all’Assemblea annuale dell’Accademia americana di allergia, asma e immunologia.

I ricercatori guidati dal prof. Gideon Lack, del College di Londra King, hanno appurato che bambini israeliani hanno tassi più bassi di allergia alle arachidi rispetto ai bambini ebrei di ascendenza simile e che risiedono nel Regno Unito. A differenza dei bambini del Regno Unito, i bambini israeliani iniziano a consumare alimenti contenenti arachidi già nei primi mesi di vita dopo lo svezzamento.

“Le allergie alimentari sono una preoccupazione crescente, non solo negli Stati Uniti ma in tutto il mondo” ha spiegato il direttore del NIAID, Anthony S. Fauci, che continua, “lo studio mostra un beneficio nella prevenzione dell’allergia dell’arachide senza precedenti.  Lo stesso studio potrebbe rappresentare una svolta nello studio inerente la prevenzione delle allergie alimentari”.

Nella ricerca sono stati coinvolti più di 600 neonati ad alto rischio di allergia tra 4 e 11 mesi di età. I bambini sono stati suddivisi in modo tale che un gruppo assumeva 6 grammi di proteine di arachide a settimana, l’altro in cui la dieta non prevedeva affatto il consumo di arachidi. I regimi alimentari sono stati mantenuti fino al compimento dei 5 anni di età; durante questi anni i bimbi sono stati monitorati con visite ricorrenti.
Dopo i cinque anni i ricercatori hanno appurato una riduzione complessiva dell’81 per cento dell’allergia all’arachide nei bambini che avevano iniziato in età precoce il consumo di arachidi, rispetto a quelli che avevano completamente evitato il frutto. Fonte e approfondimenti

Uva rossa e arachidi migliorano significativamente la memoria

Il resveratrolo, un fenolo non flavonoide contenuto nella buccia dell’uva rossa, nel vino (in misura minore), nelle arachidi e in altre bacche, oltre a essere riconosciuto come antiossidante in grado di proteggere il cuore da malattie cardiovascolari, sembra aiuti a migliorare la memoria intervenendo in modo diretto sull’ippocampo del cervello, la zone dedita al controllo della memoria, apprendimento e umore.

A giungere a tale conclusione sono stati alcuni ricercatori del Texas A&M Health Science Center College of Medicine. È bene ricordare che gli antiossidanti ricoprono un ruolo fondamentale nella salute delle cellule, riducendo l’ossidazione delle stesse e controllando l’insorgenza dei radicali liberi primi indiziati dell’insorgere di malattie immunitarie e problemi cardiaci.

Nel loro studio i ricercatori hanno appurato che l’apprendimento spaziale e la memoria nei nei ratti trattati con il resveratrolo ha avuto evidenti benefici in termini di apprendimento, memoria e miglioramento dell’umore. Rispetto ai ratti non trattati con il resveratrolo, i ratti hanno mostrato una neurogenesi – la capacità di crescita di nuovi neuroni – e sviluppo dei neuroni circa raddoppiata; il composto ha significativamente migliorato il flusso sanguigno ed è stato associato a un basso livello d’infiammazione cronica nell’ippocampo. Il resveratrolo potrebbe anche essere in grado di aiutare le persone afflitte da gravi condizioni neurodegenerative come, ad esempio, il morbo di Alzheimer. Fonte e approfondimenti