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plastica negli oceani
Scienziati stimano peso totale di plastica negli oceani: quasi 269mila tonnellate

Sono quasi 269mila le tonnellate di plastica che galleggiano in concentrazioni variabili in tutto gli oceani del mondo. Per meglio stimare il numero totale di particelle di plastica gli scienziati hanno analizzato i dati raccolti da 24 spedizioni in tutti gli oceani nel corso di un periodo di sei anni, dal 2007 al 2013, prendendo in esame i 5 vortici oceanici subtropicali: Nord Pacifico, Sud Pacifico, Nord Atlantico, Sud Atlantico, Oceano Indiano, nonché il largo delle coste dell’Australia, la Baia del Bengala e il Mar Mediterraneo.

Lo studio è stato pubblicato sul numero del 10 dicembre del magazine PLOS ONE dal gruppo di ricerca coordinato da Marcus Eriksen, del Five Gyres Institute dell’organizzazione americana 5 Gyres. Gli autori dello studio stimano un minimo di particelle di plastica pari ai 5,25 trilioni (5 milioni di miliardi); la parte più ingombrante di plastica negli oceani si trova presso le coste, quelle più minuscole sono invece concentrate nei vortici oceanici, compresi quelli polari; grande stupore da parte degli studiosi che mai si aspettano di trovare residui di plastica giunti fino ai poli.

Secondo recenti analisi il 75% del materiale plastico deriva da detriti aventi diametro superiore ai 5cm proveniente da bottiglie, contenitori, cavi, coperchi, reti da pesca e nastro da imballaggio. Le microplastiche si stanno accumulando in modo vertiginoso, basti pensare che negli anni Settanta se ne raccoglievano 0,4 kg per chilometro quadrato, oggi si è arrivati a 1,23 kg per chilometro quadrato, con una produzione di plastica 20 volte tanto rispetto a quella prodotta negli anni Settanta.
Per il monitoraggio delle plastiche l’ESA ha avviato un progetto battezzato Remote Sensing for Marine Litter, grazie all’impiego dei satelliti sarà possibile realizzare mappe molto precise sulle correnti oceaniche, riuscendo così a simulare i percorsi e le aree in cui c’è maggior accumulo di plastica nell’Oceano Pacifico e negli altri mari del globo terrestre.

Plastiche e materiali di gomma che si autoriparano

Alcuni ricercatori del Fraunhofer Institute in Germania, ispirandosi a quanto avviene in alcuni alberi di caucciù (specie hevea brasiliensis), capaci di risanare le ferite mediante la produzione di un particolare lattice, hanno messo a punto dei particolari elastomeri capaci di auto-ripararsi. Ciò significa che in futuro sarà possibile realizzare, ad esempio, parti di automobili (sedili, pneumatici e materiali plastici) in grado di ripararsi se usurati o scheggiati. Nel laboratorio del dott. Nellesen, gli elastomeri (gomme e materie plastiche), sono stati rafforzati con l’aggiunta di microcapsule con un adesivo monocomponente (poliisobutilene) capace di stimolare un processo di “auto-guarigione”. Attualmente il componente utilizzato per avviare il processo di “auto-guarigione” richiede un’iniezione di ioni, operazione che comunque potrebbe essere fatta attraverso un processo automatizzato che non richiede l’intervento umano. Fonte e approfondimenti

Scienziati mettono a punto materie plastiche che trasmettono energia

Un recente studio condotto da un gruppo di ricercatori in Australia e pubblicato sul magazine scientifico ChemPhysChem, dimostra come sia possibile realizzare circuiti elettronici plastici in grado di piegarsi e plasmarsi nelle forme più varie. Il team è stato in grado di utilizzare un fascio di ioni per fare in modo che una pellicola di plastica conducesse facilmente elettricità, alla stregua di altri conduttori metallici. Tali polimeri plastici potrebbero spianare la strada anche a una serie di nuovi prodotti tecnologici, come schermi e magazine digitali pieghevoli, nonche essere impiegati in biomedicina, magari per creare protesi in grado di integrarsi con il corpo umano, riducendo drasticamente il rigetto. Fonte