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pennichella pomeridiana
La pennichella pomeridiana, la siesta, aiuta a ridurre la pressione sanguigna

La tanto agognata da molti siesta, la pennichella pomeridiana, oltre a ritemprarci un pochino, sembra essere utile anche per ridurre la pressione del sangue, con una efficienza pari a quella che si ottiene riducendo il consumo di sale o assumendo una bassa dose di un farmaco contro l’ipertensione.

Questo è quanto suggerisce una ricerca di Manolis Kallistratos, dell’Asklepieion General Hospital a Voula, in Grecia. Lo studio, che sarà ufficialmente presentato in occasione del meeting dell’American College of Cardiology a New Orleans, ha visto coinvolte 212 persone con età maggiore di sessanta anni. Il controllo della pressione, monitorata costantemente tutto il giorno, ha rivelato che la pressione massima giornaliera delle persone abituate alla siesta risultava essere mediamente più bassa di 5 millimetri di mercurio contro chi invece non metteva in atto il riposino pomeridiano; per essere più specifici, è risultato che per ogni ora di pennichella, la pressione si riduceva di circa 3 unità.

Kallistratos ha commentato: “Ovviamente, non vogliamo incoraggiare le persone a dormire per più ore durante il giorno, d’altra parte, dati i potenziali benefici per la salute, chi lo fa non dovrebbe sentirsi in colpa se riesce schiacciare un breve pisolino”.

Precedenti studi, tra cui uno svolto qualche anno fa presso l’Allegheny College e pubblicato sul Journal of Behavioural Medicine, avevano appurato che un riposino di 45 minuti dopo una mezza giornata particolarmente stressante aiuta a riportare la pressione sanguigna dentro i valori normali.

Molti esperti di medicina del sonno sostengono che negli ultimi cinquanta anni si dorme di meno, mediamente si sono perse due ore di sonno per notte, colpa dei ritmi più accelerati e intensi e delle nuove tecnologie che, di fatto, hanno stravolto le nostre abitudini.

muscoli artificiali
La seta del ragno potrebbe essere usata come elemento per creare muscoli artificiali

Ricercatori hanno scoperto che la seta di ragno, sottoposta a un certo grado di umidità, produce un forte movimento di torsione, una proprietà che può essere sfruttata per implementare futuri muscoli artificiali o per il movimento di attuatori in braccia robotica.

La seta di ragno, già nota come uno dei materiali più resistenti, risulta avere un’altra proprietà insolita che potrebbe portare a nuovi tipi di muscoli artificiali o attuatori robotici. Questo è quanto ipotizzato da un team di ricercatori che hanno pubblicato uno studio sulla rivista Science Advances.
La ricerca ha dimostrato che le fibre della seta rispondono velocemente ai cambiamenti di umidità. Nella fattispecie, al di sopra di un certo livello di umidità relativa, i fili si contraggono e torcono, esercitando una forza sufficiente per essere potenzialmente competitiva rispetto ad altri materiali che vengono impiegati in dispositivi dediti al controllo di attuatori o dispositivi di movimento.

I ricercatori hanno scoperto una proprietà della seta del ragno chiamata supercontrazione, in cui le fibre sottili possono improvvisamente ridursi in risposta ai cambiamenti di umidità. La nuova scoperta è che la seta non solo si contrae, ma nel contempo esercita anche una forte forza di torsione. Il team ha testato altri materiali cercando di verificare le stesse proprietà, compresi i capelli umani, ma non sono riusciti a trovare risultati simili. Secondo i ricercatori, questa interessante proprietà ”potrebbe essere usata per sviluppare muscoli artificiali o nei robot di prossima generazione”. La seta di ragno è già nota per il suo eccezionale rapporto resistenza/peso, la sua flessibilità, la sua robustezza e resistenza. Altri ricercatori stanno lavorando per replicare le medesime proprietà in una sorta di seta sintetica.

estinzione dei dinosauri
Estinzione dei dinosauri. Vita fiorente prima dell’impatto del meteorite sulla Terra

L’estinzione dei dinosauri non è stata influenzata dai cambiamenti climatici, prima della loro scomparsa prosperavano, questo è quanto afferma un recente studio.
Gli scienziati concordano ampiamente sul fatto che la scomparsa dei dinosauri è da imputarsi all’impatto del nostro pianeta con un asteroide – nel periodo Cretaceo, circa 66 milioni di anni fa – fenomeno probabilmente associato a un’intensa attività vulcanica.

Fino ad oggi ci si è sempre interrogati se i dinosauri fossero fiorenti prima della catastrofe o se fossero comunque in declino a causa dei cambiamenti climatici di lungo termine verificatisi nel corso di milioni di anni. Negli anni i ricercatori hanno studiato i fossili e applicato regole statistiche giungendo alla conclusione che i dinosauri potevano attraversare un periodo declino nel numero e nella diversità delle specie prima dell’impatto dell’asteroide. Oggi, la tesi viene ribaltata grazie a nuove analisi – possibili grazie all’impiego di simulazioni all’avanguardia nell’ambito della paleontologia – portate avanti da ricercatori dell’Imperial College di Londra, dell’Università di Londra e di Bristol. Gli studiosi hanno dimostrato che i dinosauri probabilmente non erano in declino prima dell’impatto con il meteorite, nella fattispecie il ricercatore capo Alessandro Chiarenza, paleontologo italiano presso il Dipartimento di Scienze della Terra e Ingegneria presso l’Imperial, ha dichiarato: “I risultati del nostro studio suggeriscono che i dinosauri nel loro complesso erano animali adattabili, in grado di far fronte ai cambiamenti ambientali e alle fluttuazioni climatiche avvenute negli ultimi milioni di anni del Cretaceo superiore”. Il team ha concentrato il proprio studio sul territorio afferente l’America del Nord, luogo in cui sono conservati molti dinosauri del tardo Cretaceo, come il Tyrannosaurus rex e il Triceratopo. Lo studio sulla estinzione dei dinosauri è stato pubblicato su Nature Communications.